COLLODIUM “Nudes&Bones” di Michele Pero

Prosegue per la settimana di TORINO ART WEEK, la mostra di Michele Pero.

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Memorizziamo le nostre abitudini attraverso la tecnologia, spinti verso un *carpe diem* che ormai viviamo quotidianamente, utilizzando lo smartphone in modo sempre più istintivo e facendoci aiutare sempre di più da un’app. Il *carpe diem* di Michele Pero, invece, richiede tempo, conoscenza e riflessione, ed è il risultato di un’esperienza maturata e della padronanza di un’antica tecnica fotografica e di stampa, quella del collodio umido.

Pero, riesce a essere crudo, ma in modo naturale e sostenibile visivamente. Nonostante la serie “Bones” ritragga ossa e scheletri di animali e di esseri umani, questi soggetti sono rappresentati con una sensibilità che invita all’analisi, creando un ponte tra ricerca e arte figurativa, con una eccellente resa di stampa eseguita in camera oscura.

Per facilitare una migliore comprensione, di seguito troverete la descrizione della tecnica del collodio, illustrata con grande accuratezza da Michele Pero.

Francesco Longo

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Il collodio umido

Il collodio umido è una delle primissime forme di fotografia, inventata nel 1851. I ritratti in posa dei nostri avi, le prime fotografie ottocentesche della storia, i primi ritratti degli indiani d’America, furono tutti scattati con la tecnica del collodio umido.

Questa consiste in una lastra di vetro o metallo che viene ricoperta di collodio al momento di fare la foto. Il collodio è una miscela alcolica a base di nitrocellulosa e alogenuri metallici. La lastra colloidata va immersa in un bagno di nitrato d’argento per pochi minuti, per sensibilizzarsi. Poi viene caricata in un cassetto e messa in macchina per la posa.

Il processo avviene in loco, con l’ausilio di una camera oscura portatile da me costruita su disegni dell’epoca. La fotocamera è anch’essa d’epoca, in legno, risalente ai primi del 1900. Il fotografo sta sotto il famoso telo nero, quello visto in tanti film d’epoca. La dimensione della foto dipende dalla macchina. Più grande la foto, più grande la macchina.

La lastra va scattata prima che il collodio si asciughi, da qui la parola “umido”. Lo sviluppo avviene a mano, nella camera oscura portatile. La lastra segue poi il processo di fissaggio e lavaggio, seguito da una verniciatura finale con resina di pino, per proteggere lo strato di collodio nel tempo.

È un processo lento e laborioso, che richiede molta pazienza. Preparo tutta la chimica da me, a partire da sostanze elementari. Anche le cornici sono disegnate e costruite da me. Il fondo nero è indispensabile per far apparire le lastre di vetro in “positivo”, altrimenti la lastra apparirebbe come fosse un normale negativo in vetro.

INFO

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A cura di
Francesco Longo

Opening
30.10.24 00:00

INGRESSO libero